Gli ecomusei sono strumenti con cui le popolazioni possono valorizzare la loro tradizione, recuperando le tracce, materiali e immateriali, del proprio passato, per farla vivere ancora oggi.
Resti storici, scavi archeologici, reperti di Guerre Mondiali e altre battaglie, insieme a tracce meno «nobili», ma forse più significative, come le malghe, i caseifici, i sentieri utilizzati dai pastori per l’ascesa ai pascoli d’alta quota, tutto ciò che, nel corso dei secoli, ha costruito il volto del nostro territorio.
La cultura non è fatta solo di cose, ma di gesti, di modi di vivere, di lavorare, di riposare: per questo, l’ecomuseo protegge, favorisce e promuove le feste popolari, i metodi di produzione tradizionali, le espressioni del sentimento religioso, perfino le carnevalate come il ruf de la ecia di Ponte di Legno.
Si tratta di manifestazioni e di costumi di origine antichissima, come le cerimonie della confraternita dei Disciplini di Villa, che risale almeno al XVI secolo, e che hanno rischiato di venire dimenticate nella seconda metà del secolo scorso, in seguito all’arrivo dell’industrializzazione e della «società moderna» che ha spopolato le valli di montagna.
Con la domanda di riconoscimento dell’Ecomuseo dell’Alta via dell’Oglio, i cinque comuni associati richiedono alla Regione di prendere atto degli sforzi fatti fino a qui per la tutela di questo patrimonio ricchissimo ma talvolta misconosciuto, impegnandosi reciprocamente nella conservazione, mantenimento e promozione.
Non solo i comuni partecipano all’Ecomuseo: tutte le associazioni presenti sul territorio sono invitate a essere protagoniste delle attività, sia all’interno della struttura organizzativa sia come partner esterni.
L’Ecomuseo ha già avuto l’adesione di istituzioni importanti a partire dalla Università della Montagna di Edolo, dai Parchi dell’Adamello e dello Stelvio, dal Museo Etnografico L Zuf di Vione, ma anche di molte associazioni di cittadini (vicinie, associazioni sportive, gruppi degli alpini, gruppi di volontariato più o meno riconosciuti).
L’ambizione è che diventi il soggetto capace di coordinare tutte queste forze.
Si parla di turismo, e in questo campo le potenzialità sono enormi: l’ecomuseo ha già strutturato alcuni percorsi volti a far conoscere aspetti già noti oppure semi-sconosciuti dell’Alta valle: un viaggio tra i resti delle antiche fortezze medievali, che passa dal castello di Incudine fino alla torre d’alta quota del Canalì dei Pagà; una visita in più tappe ai luoghi della guerra, dalla Battaglia di Vezza del 1866 alle trincee dei Garibaldini in località Dosso sopra a Vione. Ma anche una serie di tappe che riguardano la cultura dei pastori, partendo dalle malghe di alta quota, verso i paesi, passando magari attraverso caseifici e agriturismi.
L’ecomuseo non si limità però al turismo: vuole dare la possibilità di sostenere (anche economicamente) la tutela dei beni materiali e immateriali facendo si che questi possano continuare la loro funzione. Limitata al ricordo, nel caso dei resti di valore storico, oppure ancora piena di senso per le popolazioni locali, come appunto le feste e le manifestazioni di ciascuna comunità.
Anche se la Regione Lombardia decidesse di non riconoscere questa realtà, lo sforzo non sarà stato inutile: il piano triennale dell’Ecomuseo prevede investimenti per più di 8.000.000 di €, in parte attraverso fondi propri degli enti, in parte grazie a contributi, in parte grazie a capitali messi a disposizione direttamente dagli operatori economici e turistici privati, come succede già per manifestazioni di grande successo come la Mangia e Vai, la Fierà dei Calsù di Vione o La Dòna del züc a Vezza d’Oglio.
L’Ecomuseo ha anche un logo: una fibula ornamentale in bronzo, di epoca longobarda, ritrovata a Vione. Del tutto casualmente presenta 5 lobi nella parte superiore, uno per ciascuno dei comuni che partecipano all’iniziativa. Il museo ha il compito di riunire le diverse parti del territorio: proprio come la fibula, che serviva a trattenere i diversi lembi del vestito. Simbolicamente, sembra di buon auspicio.